by
Valentina Marini
Il viaggio dei "DATTER".
Questo voglio raccontare nella seconda rubrica che mi vede coinvolta con Digital Attitude. Se in “Surfer People” dialogo con chi all’interno delle aziende surfa sulle onde dei cambiamenti organizzativi, qui desidero scoprire e mettere a fattor comune cosa c’è nei sogni, negli studi, nelle esperienze e, più in generale, nel “mindset” di chi - in questo periodo contrassegnato dalle “grandi dimissioni” - investe, lavorando giorno e notte, spinto da un forte credo.
Parto dal nome, per me non scontato.
Dàt·ter, chi crede in Digital Attitude.
Ma non solo: chiunque lavori per trasformare un sogno condiviso in realtà
Sinonimi: Nerd, sognatore, scopritore di nuovi mondi.
Persone accomunate dalla centralità nell’ascolto: per guidare e abbracciare le reali esigenze di chi affronta il viaggio straordinario del cambiamento. Persone convinte che il miglior modo per crescere sia basato sul fare e sulla capacità di prendersi cura di se stessi, degli altri e del contesto in cui viviamo.
Persone che conoscono cosa significa prendersi una responsabilità e amano quella sensazione. Eh già, perché i Datters hanno e avranno sempre la mentalità da startupper: velocità, agilità, spirito d’iniziativa e voglia di osare sono alla base del loro approccio a un mondo che cambia.
Questa breve descrizione è ciò che ho letto nel loro manifesto, che consegnano a chi entra nel team ed è quello che mi ha convinta che ognuno di loro potesse avere una storia interessante da raccontare per ispirarci. Così ho pensato di far emergere i loro punti di vista e le loro esperienze.
Dopo, Luca Argenton – CEO, oggi protagonista è Davide Pellegatta - Strategy & Governance Officer di Digital Attitude!
Bella questa! Da piccolo sognavo di fare il papà! E, devo dirti, che vedo la connessione con il mio ruolo in Digital Attitude: romanticamente e metaforicamente, sono un po’ il papà del team, sia per motivi anagrafici, che per seniority...del resto me lo hanno fatto notare con il recente regalo per il mio compleanno: una maglietta della squadra campione d’Italia (non dico il nome per non entrare in conflitto sportivo, parlando di lavoro 😊) con la scritta 20+ (anni in HR).
“…perché col tempo cambia tutto lo sai e cambiamo anche noi e cambiano anche noi e cambiamo anche noi, na na na…”.
La mia tesi inizia così, na na na inclusi... Con questa quote condivido la mia passione per la poetica di Vasco, ma questa non è la canzone che fa al caso nostro per la risposta. Ne scelgo, invece, una che fa parte della track-list che accompagna le mie testimonianze sul change management, in particolare quella che fa da sottofondo ai “titoli di coda”: “Dal basso” di Jovanotti. Le ragioni sono essenzialmente due:
Per quanto riguarda il libro, ne scelgo uno un po’ trendy: “Start with why” di Simon Sinek, che tratta il tema della leadership, aspetto cruciale nel quotidiano e alla base in un percorso trasformativo! Troppe volte si programmano cose, propongono iniziative senza fermarsi a condividere i perchè delle azioni o delle scelte aziendali…Su questo punto quoto anche Saint-Exupery: “Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare.”
Infine, per il film, propongo lo stesso che mostravo in fase di onboarding, in azienda, nelle mie strutture: Rocky. Qui mi focalizzo sul rischio che si corre attraversando il cambiamento: perdere il focus, il purpose, le priorità.
Nella scena finale, Rocky, che è riuscito a tener testa al campione del mondo, tra i media, il pubblico e tutte le persone che lo acclamano, con il suo celebre “Adrianaaaaa, Adrianaaaaa....Adrianaaaa”, racconta come nel cambiamento il suo cuore fosse rimasto lì. Il cambiamento richiede costanza, determinazione, occhio della tigre sul progetto di lungo periodo, come fa il protagonista 😊
Di fatto quasi ogni esperienza lavorativa mi ha fatto crescere e la porto nel cuore. Lo dico senza ipocrisia o piaggeria. Per propensione naturale tendo a farmi contaminare da quello che vivo e se poi nasce da me il tutto è ancora più travolgente! Non butto mai via nulla per definizione; conservo tutto gelosamente, senza rimpianti particolari, delusioni incluse, ovviamente.
Affidandomi all'istinto, la pancia in questo momento me ne fa scegliere uno: correva l’anno 2014, tra le altre gestivo anche la Comunicazione Interna. Provammo a lanciare per la prima volta una Engagement Survey (non una analisi di clima, qualcosa in più, che toccasse anche tematiche di allineamento al business e di processo) su tutta la popolazione, tutte le countries e tutte le professionalità, manual workers inclusi. C’era tanto scetticismo...e invece andò molto bene. Da questo progetto ho portato nel cuore un risposta in particolare di un collega bulgaro, che lavorava in un cantiere in Turchia e che, in un’intervista post-iniziativa mi disse: “Davide, certo che abbiamo risposto volentieri: finalmente ci stavate dando attenzione, ci stavate ascoltando, coinvolgendoci!”. Mi fece riflettere sull'importanza di pensare e disegnare progetti non solo per chi lavora in ufficio, che purtroppo è un errore classico, ma anche per il personale fuori, come lui, quindi per il più grande ecosistema aziendale. In sintesi, dopo questo feedback in questa esperienza, ho avuto la possibilità di lavorare molto con questa visione più allargata.
Anche sugli errori mi difendo alla grande e ne ho collezionati diversi. Ne ho un bel pacchetto e ho pure le doppie...perché la verità è che non sempre si impara davvero dagli errori…o, quanto meno, a volte servono due o tre giri!
Penso ad un progetto trasformativo, dove ho compreso che non basta metterci la faccia e prendersi tutte le responsabilità ma bisogna avere le spalle larghe per proteggere il progetto stesso e il team che ci sta lavorando. In un’occasione specifica ho capito che va sempre prevista e pesata anche l’onda lunga di impatto sul team e che occorrono azioni di mitigazione di quel rischio. Perché altrimenti non tutte le persone le stai davvero mettendo al centro.
1. Ascoltare e coinvolgere le persone impattate dal cambiamento
2. Dedicare del tempo “live” alle persone, ai loro mood, ai loro sguardi...perché le survey sono strumenti utili e importanti ma da sole non bastano
3. Aspettare il tempo necessario: il cambiamento richiede tempo (tanto) e si fa “a nudge at a time”
4. Costruire concretamente l’abitudine attraverso azioni/stimoli/iniziative ricorrenti e programmate
5. Realizzare quello che si annuncia vince su tutto, non bastano il marketing e i grandi eventi; il “walk the talk” non deve restare un bel payoff.
Digital Attitute per:
Ho sei lettere e anche una doppia...aveva ragione mio padre che avrei dovuto chiamarmi Sara…ma questa è un’altra storia :-D
Divertimento, la parola giusta sarebbe “cazzeggio” che per me non può mancare nel quotidiano lavorativo e nella dinamica relazionale. In ufficio ci si deve anche divertire, non si può stare sempre super concentrati e sugli schermi, si perde in produttività, precisione, energia....bisogna ricaricarsi ogni tanto!
Ascolto, sarà il mio DNA da HR ma dedicare tempo alle persone per me è essenziale e non negoziabile. Le attività da fare hanno le loro scadenze ma le persone hanno la priorità
Verità, spesso ce la si racconta un po’ troppo, io credo fermamente che dirsi le cose come stanno, alla fine è la strategia comunque vincente. Se le cose non vanno, non è che non dicendosele o “raccontandosi un film diverso” si risolva qualcosa, semplicemente si rimanda, con il rischio di dilatare non solo il tempo ma anche il problema stesso
Imparare, sarà che ho due figli e quindi è un leit-motive domestico, ma non ce n’è, occorre farsene una ragione: non si finisce mai di imparare...e per me è pure una scelta convinta, di piacere! Una dei miei driver chiave è sempre stata la curiosità, la scoperta di cose nuove, di capire ciò che mi sta intorno, la contaminazione, il confronto come elementi di conoscenza di me stesso e di crescita, umana in primis e professionale subito dietro
Diavoletto, soprattutto all'interno del Governance team (ma non solo eh!); il mio ruolo è soprattutto quello di “avvocato del diavolo”, o forse meglio, del provocatore. Un po’ per stanare la verità di cui sopra e stressare su coerenza, visione, valori, persone
Esperienza, beh qui vale un po’ il discorso del papà dell’inizio, in DA provo a mettere in condivisione gli anni passati in azienda, un po’ ovunque, con aneddoti, errori fatti, lezioni apprese e tutto quello che è il bagaglio professionale di un “anziano” come me 😊