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Dec 9, 2021

Verso il paesaggio dell’immaginazione: il futuro è per chi, prima, se lo immagina

Il domani lo dobbiamo immaginare, ad ognuno la responsabilità (nel diritto e dovere insieme) di immaginarlo prima e crearlo poi. Per immaginare c’è bisogno,soprattutto in azienda, di spazio, di creatività e di benessere. Quanto di questo c’è nelle nostre aziende oggi?

Fra un meeting e un brainstorming continuo siamo serrati dentro le nostre agende affollate e stiamo rischiando di soffocare molto, quasi tutto.  Le nuove idee o progetti difficilmente vengono partorite nelle sale riunioni, sotto i neon, o con un Gantt in mano. A volte, le idee migliori nascono scarabocchiando, magari a colori, sorseggiando una spremuta, scrivendo su un tovagliolo o un sottobicchiere di una tazza di thè o di caffè, immaginando.

Le idee nascono camminando all'aria aperta; le idee e le cose più belle arrivano quando le persone stanno bene, sono in giusta compagnia o hanno l’umore giusto.

L'immaginazione è un potente “innescatore” di benessere. Usiamola dunque, molto di più.

Vi chiederete: cosa c’entra l’immaginazione con le attuali priorità del business o il continuo processo di trasformazione digitale e adozione di nuove tecnologie?

Forse poco o nulla direttamente, ma ha a che fare e molto con lo stato di salute delle aziende riflesso nel benessere delle persone e del loro cervello. Se le persone non stanno bene o stanno sempre peggio, il loro cervello si spegne gradualmente. E allora abbiamo un grande problema, perché a poco a poco anche le organizzazioni e le aziende non potranno che contare solo su persone spente e svuotate; senza immaginazione non esiste innovazione.

Prendiamo dunque questo tempo che stiamo vivendo per fermarci, sostare un momento, lasciare uno spazio di immaginazione, anche di dubbio, che porti alla co-creazione della cornice di senso in cui ospitare il nuovo mondo del lavoro, che è qui per restare.

Come sarà o potrà essere il nuovo mondo del lavoro? Nascono parole nuove quasi ogni giorno con la pretesa di definirne il senso o perimetrarne lo spazio; il concetto di “ibrido” è ora sulla bocca di tutti. Ma a cosa ci riferiamo? Sembra esserci già un livello di definizione, nello storytelling comune, che presuppone la perfetta e definita conoscenza e scelta delle caratteristiche che stanno al livello superiore: ovvero cosa è il lavoro oggi, quale sia l’employee experience su cui ci orientiamo e come definiamo e strutturiamo il suo spazio relativo di realizzazione. Ecco, io credo invece che questo livello superiore sia ancora tutto da immaginare, nuovamente e con grande fascino connesso.

Per compiere questo primo passaggio, dobbiamo tornare al modo con cui formare in primo luogo l’apertura e la mentalità idonea, non solo nostra ma delle nostre persone, tutte le nostre persone in azienda.

Ma quale mentalità? Questo è il secondo passaggio: dal paesaggio dell’immaginazione (non solo uno spazio limitato, ma un paesaggio dinamico) alla mentalità con cui vivere le nuove possibilità. Una iperbole ci può aiutare ad inquadrare tutto ciò indirizzando lo sguardo e l’impronta con cui ci approcciamo al tempo che stiamo vivendo.

Se ci pensiamo bene, siamo da sempre abituati a vivere con una intrinseca “mentalità della scarsità”. Le nostre menti, infatti, si sono evolute durante un mondo di scarsità centinaia di migliaia di anni fa, e la maggior parte delle persone rimane intrappolata in questa mentalità e nel paradigma che ne consegue, frutto di modelli culturali, educativi, sociali ed economici. Siamo impostati a pensare con scarsità in riferimento alle risorse (naturali, energetiche,economiche, relazionali), al tempo, agli strumenti, etc. e si potrebbe costruire un elenco molto lungo.

C’è un dato di realtà e di evoluzione positiva rispetto a questo approccio, mossi cioè dal riconoscimento della scarsità come stimolo, ma nel suo senso più generale – di scenario oserei dire - credo fortemente, viceversa, che avere una “mentalità dell’abbondanza” possa trasformare le nostre vite, e in riferimento al nostro vivere lavorativo, il nostro spazio, il team e l’azienda di ciascuno.

Per cominciare, oggi, possiamo fare un passo cruciale per esporci ad una mentalità dell’abbondanza, che porta con sé la facoltà di creare un mondo di possibilità e opportunità al posto di vincoli e mancanze.

I cambiamenti in corso, le tecnologie nuove ed esponenziali come l’intelligenza artificiale o la robotica stanno aprendo scenari e prospettive nuove che impattano sul nostro modo di lavorare e sulla mentalità e l’approccio con cui noi tutti possiamo costruire un nuovo paradigma. Queste innovazioni devono abbracciarsi in un nuovo equilibrio armonioso e “metastabile”: cioè portare in armonia il mezzo con il fine, gli strumenti con il loro senso, le relazioni umane con ciò che siamo, con lo spazio con ciò che viviamo, con le connessioni e le azioni che alimentiamo.

Armonia che ha il fascino di poter essere immaginata, pensata, generata e costruita sulle esigenze di ciascuno, inteso come sia come singolo che come collettività.

Abbiamo attraversato diverse ere del lavoro, fino ai nostri giorni: dall’era del lavoro manuale, all'invenzione dell’elettricità; dalla rivoluzione industriale all'invenzione internet; dalla digital revolution attraversando una pandemia globale alla rivoluzione di un nuovo mondo del lavoro frettolosamente chiamato “ibrido”(per mancanza di immaginazione). Siamo pronti ad abbracciare questa nuova era? E con quale prospettiva?

Credo che una mentalità dell’abbondanza sia una visione critica per qualsiasi persona o leader da padroneggiare nel decennio a venire.

Questo mindset allora come ci porta al mondo “ibrido” del lavoro, e con quale impatto? Cosa guadagniamo o come possiamo vivere diversamente e in armonia?

Tutto questo (vivere le nuove modalità di lavoro) non è tanto un progetto, bensì un viaggio tutto ancora da percorrere, o in altre parole una opportunità o un’occasione per riscrivere e ridisegnare le coordinate e le assumption legate al lavoro e alla esperienza e i comportamenti delle persone.

Mi piace pensare e proporre domande, piuttosto che frettolose soluzioni: con quali punti cardinali allora pensiamo al lavoro di oggi e di domani? L’esperienza delle persone è davvero non al centro ma il centro? E come possiamo concretamente declinare questo paradigma?

In gioco c'è indiscutibilmente una partita che ha due protagonisti principali: l’azienda– intesa come organizzazione unica e complessa – e la persona – il singolo nella complessità delle sue esigenze. Quale sarà il punto di equilibrio“metastabile”?

Mi piacerebbe aprire da qui un canale diretto di ascolto con ognuno di voi, per cominciare insieme questo viaggio nel tempo, nel nostro tempo, tutto da immaginare e da vivere.

Qual è la priorità per la tua organizzazione? Raccontacelo qui, riempiamo insieme lo spazio.

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