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Valentina Marini

Jul 4, 2022
Una intervista a Giorgia Agnello, HRBP Italy Ceva Santé Animal – HR Manager Italia Ceva Salute Animale

Surfing People. A tu per tu con chi surfa sulle onde dei cambiamenti organizzativi | Giorgia Agnello

“In un’era di costanti cambiamenti”

“Nello scenario contrassegnato dalla trasformazione”

“Stiamo vivendo una rivoluzione epocale”.

 

Più o meno è questo ciò che leggiamo come premessa di tanti contributi di letteratura o articoli di attualità. Sembra che stiamo vivendo uno sconvolgimento come mai prima di ora. Ma siamo davvero sicuri che questo stia accadendo solo a noi e solo in questa fase storica? Probabilmente, e più semplicemente, stiamo sempre e solo parlando di cambiamento, come parte integrante della vita umana, ma declinato (forse per moda?) in una visione di stra-ordinaria eccezionalità storica.

Se penso al cambiamento, mi viene in mente come prima immagine – quasi automatica – la filosofia del “tutto scorre” (“PANTA REI”, ERACLITO). Ogni cosa cambia, non c’è nulla di immutato e presumibilmente l’innovazione è semplicemente una risposta all’inevitabile perenne trasformazione del tutto.

Certo è, però, che mai come a partire dal 2020 tante abitudini personali e professionali sono state messe in discussione o eliminate dall’oggi al domani. Questo ha comportato – e sta comportando – innumerevoli sfide anche nelle organizzazioni. Forse mai come in questo momento la funzione del “Change Management” è risultata così strategica e fondamentale. Come si accompagna e favorisce il cambiamento mentre tutte le carte in tavola continuamente vengono messe in discussione? Fatico a pensare che ci sia qualcuno più avanti di altri in questa vera incertezza. Sono convinta, però, dell’importanza del confronto e dello scambio e con questa premessa ho deciso con Digital Attitude di intervistare alcuni Professionisti con esperienze e punti di vista di valore su questo macro argomento del cambiamento e su temi attuali come New Ways of Working, New Ways of Learning e Digital Mindset. 

 

Ospite di oggi Giorgia Agnello, che ringraziamo di aver accettato da vera “Surfer” di partecipare a questa iniziativa editoriale.

Psicologa del Lavoro e delle Organizzazioni, con un Master in Executive Coaching, Giorgia intraprende il proprio percorso professionale nell’ambito della consulenza HR alle Aziende nel 2012. Nello specifico segue diversi progetti focalizzati su Valutazione e Sviluppo delle competenze manageriali attraverso la metodologia dell’Assessment e Development center con un know how approfondito su strumenti diagnostici di personalità, motivazione, Leadership ecc. Nell’ambito di progetti con Aziende multinazionali operanti nei principali settori (automotive, bancario e assicurativo, croceristico, retail & Fashion, farmaceutico, food & beverage ecc) Giorgia consolida la propria conoscenza dei processi di Talent acquisition, career transition, Compensation&Benefit, valutazione del clima e dell’engagement. Nel 2018 assume l’incarico di costruire la funzione HR in Ceva Italia in coordinamento con HR Corporate in Francia. Da allora è stata al centro di un processo di trasformazione strutturale e culturale di Ceva Salute Animale che ha portato ad un’Azienda profondamente trasformata oggi.

 

1)      Ciao Giorgia, sei una psicologa, HR Manager, conosci quindi bene il mindset delle persone. Quando si parla di cambiamento quali sono a tuo avviso le reazioni più frequenti nella vita personale e nella vita professionale?

Ciao Valentina, come ho anticipato nella mia frase sul cambiamento, potremmo riassumere le principali reazioni in due macro categorie: resistenza o entusiasmo. In entrambi gli ambiti infatti, personale e professionale, ciascuno affronta il cambiamento coerentemente con le proprie caratteristiche di personalità e da questo punto di vista possiamo, in modo esemplificativo e non certamente esaustivo, affermare che alcune persone cercano attivamente il cambiamento anzi per loro è quasi un bisogno mentre altre lo rifuggono e ne sono spaventate. Pro e contro in entrambi i casi: se da un lato, gli entusiasti del cambiamento saranno sempre pronti ad ingaggiarsi in nuovi modi di fare le cose dall’altro rischiano di far fatica in fasi che necessitano consolidamento e nella gestione di persone con un approccio opposto al loro; specularmente coloro che hanno maggiore timore del cambiamento e preferiscono mantenere lo status quo rischiano di perdersi delle opportunità interessanti e di accusare una grande fatica a fronte di continue richieste di cambiare senza trovarne il senso, laddove invece hanno il tempo di comprendere lo scopo e “salgono a bordo” di un cambiamento saranno coloro che contribuiranno in modo fondamentale al consolidamento di una nuova cultura. In sintesi io credo che sia necessario un giusto equilibrio tra i due approcci e per questo sono una fautrice dei team misti in termini di personalità e approccio. Sicuramente ciò che accomuna entrambi e che fa “muovere” le persone in generale è lo scopo, il senso, il perché del cambiamento che deve sempre essere chiaro a tutti, esplicitato e condiviso.

 

2)  Stiamo vivendo una trasformazione del lavoro. In questo scenario organizzativo in rEvoluzione, quali sono le priorità su cui credi che un HR Manager debba concentrarsi?

Una volta consolidate le “basi” di una corretta gestione del Personale in azienda (ci tengo perché alcuni fattori non sono motivanti “per sé” ma se non gestiti correttamente diventano dei fortissimi “de-motivatori”), credo che la Priorità per HR sia assicurarsi, insieme con il Top Management, che le persone conoscano il Purpose, il perché fanno quello che fanno: la sfera valoriale è sempre più importante e discriminante nella scelta del posto di lavoro, specie in un periodo definito come “Guerra dei talenti”; non solo per attrarre ma soprattutto per ritenere i talenti, per motivare le persone è fondamentale che esse si sentano parte di qualcosa che abbiano evidenza di dove i loro sforzi vanno a confluire altrimenti il rischio è un sentimento di alienazione e demotivazione nello svolgimento della propria attività percepita come avulsa dal resto dell’organizzazione. Fondamentale dunque la condivisione delle mission e della strategia aziendale a tutti i livelli ed inoltre ci saranno maggiori % di ingaggio laddove il sistema valoriale personale avrà un rispecchiamento in quello aziendale. Infine un altro aspetto importante è quello del riconoscimento (e non mi riferisco a quello economico), un interessante esperimento di Psicologia Sociale ha mostrato come l’effetto sulla (de)motivazione risulta il medesimo quando il proprio lavoro viene distrutto di fronte ai propri occhi oppure ignorato: è un dato sconcertante di cui non si può non tener conto.

 

3)      Qual è a tuo avviso l’opportunità più grande offerta dal digitale e quale il rischio nel lavoro quotidiano?

Il Digitale può (e deve) sicuramente essere un acceleratore del cambiamento e aggiungerei che ormai non è più una “novità” ma un aspetto imprescindibile a cui moltissime aziende devono ancora adeguarsi. Il rischio per me è rappresentato dallo “scollamento” tra gli strumenti digitali, il loro potenziale e il mindset delle persone in azienda (torniamo alle resistenze verso un nuovo modo di lavorare); un ulteriore rischio che vedo nel Digitale è un sovraccarico di stimoli/informazioni che rischia di creare un po’ di “confusione” e conseguente affaticamento con il risultato di portare le persone ad ignorare una serie di stimoli che potrebbero invece essere interessanti. Io sono una grande sostenitrice del “poche cose semplici e chiare”.

 

4)      “Nudging”. Un’espressione sempre più utilizzata nelle organizzazioni, proveniente dalla nudging theory (o teoria dei nudge). Parliamo di “spinte gentili” che incentivano determinati comportamenti, attraverso piccoli rinforzi positivi. Se tu avessi la possibilità di disegnare una di queste “spinte” per supportare i professionisti nel lavoro quotidiano, quale proporresti? 

Sicuramente i rinforzi positivi funzionano meglio, sul lungo periodo, delle minacce e delle “punizioni” che hanno il solo esito di ottenere quel comportamento per “paura” ma al contempo di disingaggiare le persone.  Tornerei su quello che citavo prima: il riconoscimento, non solo da parte del proprio manager ma anche dai colleghi e da tutta l’organizzazione, ha sicuramente un impatto di “spinta gentile” rispetto alle performance ma non vorrei generalizzare perché ciascuno ha i propri driver motivazionali quindi per alcuni potrà essere una spinta a grande propulsione per altri magari lo è una cosa diversa come ad esempio una maggiore flessibilità oraria/la possibilità di gestire autonomamente il proprio tempo e così via. Io cercherei di “customizzare” per quanto possibile queste spinte gentili considerando le differenze individuali.

 

5)      “Digital Attitude” sta promuovendo questa rubrica ispirazionale sul cambiamento. E l’ultima domanda vorrei fartela proprio sul tema Digital Mindset. Quali sono a tuo avviso dei modi utili per svilupparlo e tenerlo allenato?

Innanzitutto se parliamo di Digital Mindset a mio parere vanno distinte due cose: l’attitudine mentale che predispone ad un buon utilizzo degli strumenti digitali e la conoscenza (tecnica) di questi ultimi. Le due cose infatti non sempre coesistono ed è fondamentale comprendere quale dei due aspetti  (o entrambi) è presente o meno per capire che tipo di “allenamento” fare con le persone: se è presente un’attitudine positiva ma manca ad esempio una conoscenza tecnica sarà sufficiente un training specifico e un consolidamento attraverso l’esperienza nell’utilizzo degli strumenti se, viceversa, esiste una buona conoscenza  e predisposizione allo studio degli strumenti digitali ma un “mindset” meno digitale si focalizzerà l’allenamento maggiormente su aspetti soft della personalità che caratterizzano proprio questo tipo di approccio mentale (flessibilità, gestione dell’incertezza, propensione al rischio, approccio collaborativo e coaching oriented, affidamento all’intuizione).

 

 

 

 

 

 

 

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