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Valentina Marini

Jun 7, 2022
Una intervista con Francesca del Moretto - HR Director

Surfing People. A tu per tu con chi surfa sulle onde dei cambiamenti organizzativi | Francesca Del Moretto

“In un’era di costanti cambiamenti”

“Nello scenario contrassegnato dalla trasformazione”

“Stiamo vivendo una rivoluzione epocale”.

 

Più o meno è questo ciò che leggiamo come premessa di tanti contributi di letteratura o articoli di attualità. Sembra che stiamo vivendo uno sconvolgimento come mai prima di ora. Ma siamo davvero sicuri che questo stia accadendo solo a noi e solo in questa fase storica? Probabilmente, e più semplicemente, stiamo sempre e solo parlando di cambiamento, come parte integrante della vita umana, ma declinato (forse per moda?) in una visione di stra-ordinaria eccezionalità storica.

Se penso al cambiamento, mi viene in mente come prima immagine – quasi automatica – la filosofia del “tutto scorre” (“PANTA REI”, ERACLITO). Ogni cosa cambia, non c’è nulla di immutato e presumibilmente l’innovazione è semplicemente una risposta all’inevitabile perenne trasformazione del tutto.

Certo è, però, che mai come a partire dal 2020 tante abitudini personali e professionali sono state messe in discussione o eliminate dall’oggi al domani. Questo ha comportato – e sta comportando – innumerevoli sfide anche nelle organizzazioni. Forse mai come in questo momento la funzione del “Change Management” è risultata così strategica e fondamentale. Come si accompagna e favorisce il cambiamento mentre tutte le carte in tavola continuamente vengono messe in discussione? Fatico a pensare che ci sia qualcuno più avanti di altri in questa vera incertezza. Sono convinta, però, dell’importanza del confronto e dello scambio e con questa premessa ho deciso con Digital Attitude di intervistare alcuni Professionisti con esperienze e punti di vista di valore su questo macro argomento del cambiamento e su temi attuali come New Ways of Working, New Ways of Learning e Digital Mindset. 

 

Ospite di oggi Francesca Del Moretto, che ringraziamo di aver accettato da vera “Surfer” di partecipare a questa iniziativa editoriale.

 

Toscana di origine, milanese di adozione.

Dopo una laurea in Scienze Politiche, indirizzo sociologico, e un master di specializzazione in Risorse Umane , ha iniziato il suo percorso professionale come consulente HR nell’ambito della selezione.

Consolida poi la sua esperienza in diverse realtà del settore farmaceutico e medicale, approdando in Olympus - multinazionale giapponese leader nel settore med-tech - nel 2012, dove oggi in Italia ricopre il ruolo di HR Director.

Appassionata di strategia e cultura organizzativa, sviluppo, Employer Branding, Talent Acquisition, sostenibilità sociale e ambientale, è sempre attenta alla valorizzazione della 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢𝐭𝐲 & 𝐢𝐧𝐜𝐥𝐮𝐬𝐢𝐨𝐧 e crede che mettere le Persone al centro sia al contempo la sfida e l’opportunità più grande per ogni impresa.

Con incarichi come Regional HR Director, ha seguito con passione diversi progetti internazionali, spaziando dal Change Management, Talent and Performance, all’Operational Excellence ed è certificata “GlobeSmart”.

Nel suo lavoro ha portato con sé ciò che ha appreso nei molti anni investiti nel tennis, che vive come sport e importante occasione di confronto , scambio, ascolto del contesto e socializzazione.

Altro aspetto importante nella sua vita è il volontariato: sposa cause che le permettano di contribuire al bene del prossimo.

 

 

1) Ciao Francesca, si parla spesso di cambiamento. Come si approccia in modo costruttivo al cambiamento in azienda?

Mettere le persone al centro è la chiave per il successo di ogni progetto, anche e soprattutto quando si parla di cambiamento.

Nei processi di Change Management la fase di ascolto risulta fondamentale e imprescindibile.

Ascoltare attivamente, comprendere e rispondere alle necessità delle persone e dell’azienda è la base su cui pensare e ripensare il cambiamento.

Solo capendo le caratteristiche dell’organizzazione e i desiderata di chi la vive si può proporre un progetto di cambiamento che possa essere abbracciato e vissuto positivamente e proattivamente dalle persone.

Solo in questo modo le persone si sentono “ingaggiate “ e diventano “ambasciatrici “ del cambiamento .

Bisogna disegnare e costruire percorsi e progetti  “cuciti su misura” che si basino su esigenze reali organizzative che tengono conto sia del contesto in cui l’organizzazione vive  che dei valori di cui l’organizzazione si fa portatrice  

Complementare a tutto questo è capire sempre se stiamo andando nella giusta direzione o dobbiamo fare qualche aggiustamento

Un modo per avere sempre il polso della situazione molto semplice e che a me piace fare, è chiedere direttamente alla persone. Una semplice domanda: stiamo andando nella giusta direzione? Cosa possiamo fare per farvi sentire parte del cambiamento?

Un aspetto che ci tengo a sottolineare in tutto questo è l’importanza della capacità di essere aperti all’errore, cosa che parlando di cambiamento è molto probabile che accada. Piuttosto serve fare costantemente un’auto-analisi costruttiva e l’umiltà di riconoscere se e come cambiare rotta nella strada intrapresa, solo così si può evitare di avere persone scontente e poco “ingaggiate “.

 

2) “New Ways Of Working”. Qual è il lato più bello delle nuove modalità di lavorare e il rischio che intravedi?

Il New Ways of Working passa necessariamente dall’affrontare alcuni driver del cambiamento che risultano imprescindibili: ascolto (di cui abbiamo già parlato), gestione del tempo, condivisione ed inclusione.

Tra le priorità del mio lavoro quotidiano c’è l’attenzione alla diversità e all’inclusione.

La diversità arricchisce e l’inclusione rende possibile condividerla.

Per questo motivo credo che in assoluto il lato più importante sia la possibilità - ovviamente nel vero Smart Working e non nel lavoro emergenziale – di aprirsi all’ascolto e considerare le esigenze di ognuno nel costruire una nuova Work-Life balance.

 Le nuove modalità permettono una migliore gestione dei tempi e delle proprie esigenze, facendo diventare l’ufficio non più un luogo fisico ma un momento di socializzazione e di scambio di idee, quindi di innovazione. Questo aspetto non è al momento banale: riportare le persone in ufficio è molto challenging e qui sta il necessario ripensamento chiesto a chi si occupa di persone per far sì che sia davvero un’esperienza di valore quella in sede e che non sia percepita come un elemento a sfavore.

Il punto di attenzione che vedo, invece, in continuità con la sfida appena citata, è la necessaria grande maturità organizzativa (ancora più spinta del passato) che serve alle Smart People per la Smart Organization. Tra i tanti strumenti disponibili, le persone vanno aiutate ad utilizzarli, guidate nella dimensione ibrida, che richiede un giusto equilibrio su tutto: nell’uso degli spazi, della tecnologia, dei tempi, degli incontri, della flessibilità, ecc.

E son contenta di sentire sempre più spesso parlare di Lean e Smart Organization.

Con l’aggettivo “lean” si identifica un modello organizzativo che mira a sviluppare processi agili.

Il lean non è solo un metodo, ma è innanzitutto un modo di pensare – lean thinking – applicabile a qualsiasi processo operativo, ambito o settore.

In un mondo in piena e costante trasformazione il mind-set agile è una delle competenze da sviluppare a tutti i livelli e in tutti i processi.

3) Accogliere nuovi colleghi in uno scenario ibrido. Quale pensi sia l’Onboarding ideale tra fisico e digitale?

L’Onboarding è uno dei touch point più importante del Candidate Journey: se mancano conoscenza e socializzazione, la persona non si ingaggia.

L’esperienza del candidato parte però già dalla fase di Recruiting e dal primo contatto con il candidato.

Bisogna essere abili nel raccontare l’azienda e nel creare un percorso con il candidato il cui approdo è l’inserimento e l’On-boarding.

Dal primo minuto è fondamentale che una persona si senta parte dell’azienda.

Comunicazione, condivisione e confronto reciproco. Sono questi alcuni degli elementi alla base del processo di On-boarding.

In un mondo del lavoro che diventa sempre più ibrido è fondamentale che ogni persona si senta “inclusa”.

Per farlo stiamo organizzando momenti di condivisione da remoto ma anche diversi aperitivi, cene, pranzi per creare un gruppo coeso e far avvicinare al cuore dell’azienda e così evitare una possibile sensazione di abbandono.

 

4) “Nudging”. Un’espressione sempre più utilizzata nelle organizzazioni, proveniente dalla nudging theory (o teoria dei nudge). Parliamo di “spinte gentili” che incentivano determinati comportamenti, attraverso piccoli rinforzi positivi. Se tu avessi la possibilità di disegnare una di queste “spinte” per supportare i professionisti nel lavoro quotidiano, quale proporresti?  

Mi viene in mente una visione spesso condivisa dal nostro Managing Director, Vittorio Martinelli: “Siamo una startup con 100 anni di storia”. Questo mi fa pensare alle storie del passato che hanno fatto molta innovazione e che ancora oggi sono esempi ispirazionali. Con questa premessa, propongo una spinta gentile a sfidare lo status quo, non dimenticando mai le radici. Io non credo che radice equivalga a vecchio, per me è tradizione, quel passato, quell’esperienza che permette di costruire al meglio il futuro.

 

 

5) “Digital Attitude” sta promuovendo questa rubrica ispirazionale sul cambiamento. E l’ultima domanda vorrei fartela proprio sul tema Digital Mindset. Quali sono a tuo avviso dei modi utili per svilupparlo e tenerlo allenato?

Molti dicono che o ce l’hai o non ce l’hai il Digital Mindset. Per me non è così, pur essendoci fasce della popolazione aziendale che ce l’hanno più spiccato di altri, come un po’ in generale tutte le propensioni. Per noi, e credo ormai un po’ per tutti, è una soft skill “must”, come l’inglese. E proprio come  l’inglese, in base al livello, vanno proposti un accompagnamento e corsi di formazione mirati e pensati per “allenare” al meglio tutti. Qui sottolineo un aspetto rilevante a mio avviso: la scelta dei docenti. Questi devono da una parte saper rompere le barriere, in modo fruibile e diversificato sui target, dall’altra far connettere e convergere  le diverse persone, in sintesi facilitare una sorta di vero e proprio Reverse Mentoring in cui ci sia apprendimento anche trasversale, in modo comunitario.

 

 

 

 

 

 

 

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