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Valentina Marini
Eccoci qua, rientrati dopo una pausa più o meno lunga a seconda delle proprie attività lavorative e delle scelte personali. Indipendentemente dalla fine o meno delle ferie, questo che ci troviamo davanti è sicuramente il periodo che per definizione apre il nuovo anno sociale: un nuovo inizio non solo per gli studenti ma una metaforica – e neanche troppo – occasione in cui generalmente si lascia il vecchio e si abbraccia il nuovo, facendo inevitabili bilanci.
Questa è la domanda più importante che condivido nella ripresa e che mai, come in questo periodo storico, ritengo importante farsi. Se l’ascolto degli altri è un valore di primaria di importanza, è pur vero che senza il benessere personale è oggettivamente poco fattibile (e credibile) pensare a quello di chi ci sta intorno. Tra la pandemia e i diversi accadimenti di questi ultimi anni, uno degli aspetti positivi è stata la crescente attenzione sulla nostra salute, a partire da quella mentale che spesso è quella che causa anche i più tangibili problemi di salute.
Forse nelle organizzazioni, alla ricerca di un nuovo equilibrio nella trasformazione digitale, abbiamo davvero esagerato tra notifiche, video-riunioni, e-mail a tutte le ore, troppo ostentata/ricercata reperibilità, portandoci a tratti a dover ricercare tracce di umanità nel quotidiano professionale. Percependone i “lati oscuri” (“the dark side of digital”), abbiamo iniziato a ostentare la parola umanità, l’abbiamo messa in tanti titoli di libri e webinar, ne abbiamo discusso, abbiamo cercato capi e leader gentili e umani. E in questo scenario la sostenibilità ha iniziato a risuonare dentro di noi come una parola sempre più densa di significato, perché no così “non è umanamente sostenibile”.
Stiamo provando a definire le linee guida interne da diffondere all’interno delle organizzazioni e stiamo facendo tanta formazione per accompagnarci nella r-evoluzione digitale: tutto questo è senza dubbio essenziale. Ma la domanda da porsi sempre in fase di “start” è: ognuno di noi si sta impegnando – proattivamente - a costruire le proprie sane abitudini per cavalcare le onde della trasformazione senza esserne travolto? Se il diritto alla disconnessione è uno degli argomenti maggiormente caldi, non è possibile delegare ai buoni propositi la creazione di nuovi comportamenti consapevoli in una realtà fatta di continue e-mail, telefonate, riunioni, ecc. In questa direzione, possiamo comprendere il senso del valore generato dal “nudgetech” (“per nudgetech si intende una forma di architettura delle scelte, supportata da intelligenza artificiale, il cui fine è stimolare comportamenti - senza compromettere la libertà individuale - che impattino positivamente sugli individui, il team e l’organizzazione nel suo complesso”) che permette di colmare il gap comportamentale tra il “dove mi trovo oggi” e il “dove idealmente vorrei essere domani”.
Poco prima di andare in ferie la redazione di “LinkedIn Notizie” aveva proposto una delle #conversazioniestive dedicandola ai “consigli utili per staccare sul serio quando si va in ferie". Come ha recentemente ricordato Carlo Caporale – AD, Wyser Italia | LinkedIn Top Voice Lavoro - il bilanciamento tra la vita privata e il lavoro non significa percepire queste due dimensioni separate, a compartimenti stagni; il lavoro è parte integrante delle nostre vite. Lì portiamo noi stessi, con personalità, desideri e valori. E fuori di lì portiamo sempre con noi le esperienze, che sono sempre umane oltre che professionali. Dalle sue parole:
“Non ha senso ragionare a compartimenti stagni, come se l’equilibrio fosse in una percentuale di tempo o una porzione di spazio. Credo piuttosto che l’equilibrio sia nella continuità tra il tempo e lo spazio personale e quello professionale, data dalla possibilità di ritrovare se stessi, i propri valori e le gratificazioni in quello che facciamo.”
In sintesi, ripartiamo con il piede giusto in questo settembre: pensando il nuovo equilibrio tra connessione e disconnessione non solo nelle ferie o nella sfera professionale, prendendo atto – davvero - della costante commistione. Ancora una volta facciamo in modo che sia il personale senso di responsabilità e di impegno a guidare la sana relazione con gli altri attraverso la tecnologia perché, ricordiamoci sempre, che la tecnologia è il mezzo che ci permette le connessioni ma la relazione è con le persone, questa diversa prospettiva può forse permetterci di guardare la nostra realtà con un punto di vista meno sfocato.
Riparto da qui, con queste riflessioni, per provare a capire come ognuno di noi stia pensando di staccare e ripartire davvero ogni giorno mettendo al primo posto la propria sostenibilità umana. Poi le organizzazioni devono sicuramente pensare a come agevolare un cambiamento significativo che garantisca il benessere a 360 gradi delle persone, in termini di salute fisica e mentale, emotiva e finanziaria, assicurando maggiore work-life balance ed equità sociale.